LEGGE SULLA TUTELA DELLE IMMAGINI -LEGGE SUI DIRITTI D'AUTORE - LEGGE SULLA PRIVACY
PRIVACY E FOTOGRAFIA Dall’entrata in
vigore della legge sulla tutela della privacy n. 675/96, molti fotografi
hanno dimostrato interesse (o preoccupazione) in relazione alle nuove
norme che vincolerebbero l’attivita' di reporter e, in generale,
quella di fotografo. Come capita in
questi casi, hanno cominciato a diffondersi "leggende
metropolitane" sulle proibizioni che la nuova legge avrebbe
introdotto, e sull’impossibilita' di svolgere il proprio lavoro, dato
che serpeggia il timore che sia divenuto impossibile fotografare
chiunque senza il suo consenso. LA "NUOVA" LEGGE La famigerata
legge e' la n. 675/96, la cui finalita' e' quella di adeguare la
legislazione italiana al contesto legale piu' austero della Comunita'
europea. Questa legge, tuttavia, si occupa sostanzialmente del fatto che
non sia possibile raccogliere indiscriminatamente dati personali sui
cittadini, per poi rielaborarli, cederli ad altri o pubblicarli. Il nocciolo della
legge, dunque, mira a porre delle regole - controllate da un Garante
della Privacy - nella raccolta e diffusione di qualsiasi dato sugli
individui (e conseguentemente anche le sue immagini private),
permettendo a ciascuno un miglior controllo delle informazioni che lo
riguardano. In particolare, il trattamento di alcuni dati definiti
"sensibili" (ad esempio idee politiche, religiose, vita
sessuale, salute, aspetti economici, ecc.) sono subordinati ad esplicito
assenso da parte dell’interessato, e da controlli molto piu' stretti
su coloro che raccolgono ed organizzano questi dati. Costoro, oltre a
chiedere il permesso alle persone coinvolte, devono anche rendere conto
delle modalita' con cui questi dati vengono utilizzati, e dei sistemi di
sicurezza con cui vengono gestiti i relativi schedari e i files di
computer. E a noi, tutto
questo, cosa interessa? Oltre a ricordare,
in margine, che la raccolta di indirizzi e la cessione a terzi di tali
indirizzi e' regolamentata ora da tale legge, per quello che riguarda in
specifico il fotogiornalismo, l’unico articolo della legge che solleva
realmente la questione e' l’articolo 25, che recita: " Art.
25. Salvo che per i dati idonei a rivelare lo stato di salute e la vita
sessuale, il consenso dell’interessato non e' richiesto quando il
trattamento dei dati e' effettuato nell’esercizio della professione
giornalistica e per l’esclusivo perseguimento delle relative finalita',
nei limiti del diritto di cronaca, ed in particolare dell’essenzialita'
dell’informazione riguardo a fatti di interesse pubblico". Ora, per quello
che riguarda il fotoreporter, questa norma significa che la
pubblicazione delle immagini (in senso lato, il "trattamento"
di dati personali) NON e' subordinata ad assenso se essa avviene per
finalita' giornalistiche, e per fare davvero informazione. Inoltre, il
conservare dei negativi (di matrimonio, di ritratto, di cerimonie, di
bambini, eccetera) nel proprio archivio professionale NON rientra in
nessuna restrizione particolare: non si tratta infatti ne' di dati
sensibili (a meno che non siano fotografie riferite a tali aspetti
particolari), ne' di pubblicazione e quindi di usi assoggettati a
release. Vanno fatte le corrette considerazioni sulla proprieta' dei negativi
nel caso del ritratto, ma sussiste nessuna violazione di privacy. Negli altri casi (cioe'
se non viene usata per giornalismo, o se e' relativa ad elementi come la
salute e la vita sessuale), occorre sempre il consenso. LE REGOLE CHE GIA’ ESISTEVANO I fotografi anche
solo minimamente documentati sanno che da decenni la regolamentazione
esistente non era identica, ma produceva effetti molto simili. La legge 633/41
(quella ben nota sul diritto d’autore) e il Codice Civile (entrambi
ben vivi e vegeti, non certo ne' sostituiti ne' soppiantati dalla legge
sulla privacy) prevedevano fin da prima - e tuttora prevedono - delle
norme ben precise per quello che riguarda i ritratti fotografici (vedi pubblicazione
dei ritratti).
E cioe': non si e' mai potuto pubblicare il volto di una persona che non
fosse consenziente, a meno che la pubblicazione non fosse relativa ad un
personaggio gia' noto (viene meno il diritto ad una privacy che gia' non
c’era piu'), o per finalita' giornalistiche (il diritto di cronaca
permette la pubblicazione, a patto che non si calpesti un diritto piu'
forte). In nessun caso, era - ed e' - ammessa la pubblicazione di
immagini lesive del buon nome e del decoro della persona. IN CONCRETO In pratica, dal
punto di vista specifico del fotografo la nuova legge sulla privacy non
ha aggiunto proprio nulla. La 675/96 ha istituito regole molto piu'
stringenti e severe sui dati personali che puo' gestire la societa' di
marketing, la banca, l’azienda, il partito, il giornalista di penna,
ma ha di fatto lasciato le cose piu' o meno come stavano per quello che
riguarda la fotografia. Unico elemento
forse davvero innovativo, sta nel fatto di dover chiedere l’assenso
esplicito per la pubblicazione di immagini che riguardano la salute dei
personaggi pubblici, cosa che prima non necessariamente ricadeva nel
novero delle eccezioni che non ne permettevano la pubblicazione. In pratica, ora: 1) Per pubblicare
l’immagine di una persona non famosa occorre la sua autorizzazione
(art. 96 legge 633/41). 2) Se la persona
non famosa viene pubblicata in maniera che non possa risultare dannosa
alla sua immagine, e l’uso e' solo giornalistico, l’indicazione del
punto a) si puo' ignorare, dinanzi al diritto di cronaca esercitato dal
giornalista (da valutare di caso in caso). 3) Per pubblicare
con finalita' giornalistiche immagini di personaggi famosi non occorre
autorizzazione. 4) Occorre
autorizzazione in ogni caso se la pubblicazione puo' risultare lesiva
(legge 633/41), oppure se fornisce indicazioni sullo stato di salute o
sulla vita sessuale (legge 675/96). PRIVACY ED ARCHIVI FOTOGRAFICI L’immaginario
collettivo spinge un numero sempre maggiore di persone a fare pressioni
sul fotografo che ha in archivio immagini che lo ritraggano, come se il
fatto che il fotografo detenga queste immagini sia – in se' – una
situazione che sia lesiva dei suoi diritti. Ovviamente,
oggetto dell’attivita' di una notevole parte degli operatori
fotografici consiste nella gestione di un archivo di immagini, nel quale
si conservano le foto prodotte dal fotografo stesso (singoli
professionisti) o dai fotografi rappresentati (agenzie fotografiche). La
consistenza numerica varia da alcune migliaia di immagini nel caso dei
piccoli operatori a numerosi milioni di diapositive, nel caso delle
maggiori agenzie d’archivio (ad esempio Grazia Neri, Granata, Olympia,
eccetera). Sull’onda
emozionale che la 675/96 ha portato con se, e' sempre piu' frequente il
caso in cui i personaggi ritratti si rivolgono a fotografi ed alle
agenzie con la convinzione che le immagini fotografiche che li
ritraggono siano da considerarsi alla stregua di "dati
personali" e che sia quindi dovuto loro, ai sensi dell’articolo
13 della legge 675, il diritto di conoscere nel dettaglio quali e quante
immagini siano detenute, come vengano utilizzate e anche - su richiesta
– che tali immagini vengano rimosse dall’archivio. Chiaramente questa
ipotesi si tradurrebbe nell’assoluta paralisi di qualsiasi attivita'
fotografica d’archivio, a partire dalle strutture che utilizzano le
immagini come elementi giornalistici per distribuirle alle testate
nazionali (le maggiori agenzie d’archivio), giu' giu' fino ai piccoli
archivi dei fotografi di provincia, che ovviamente detengono le immagini
delle cresime dei ragazzi, dei battesimi, o delle manifestazioni locali
come saggi e similari. Va rilevato che le
immagini fotografiche detenute con finalita' anche professionali e che
ritraggano privati cittadini o personaggi pubblici sono soggette alle
restrizioni gia' imposte dalle norme concernenti il diritto
all’immagine, contenute nella legge 633 del 22 aprile 1941, e
successive modifiche, agli articoli 96 e seguenti, con i quali il
legislatore ha gia' inteso tutelare i diritti legati alla privacy dei
soggetti ritratti, proibendo la pubblicazione di immagini che ritraggano
l’effigie di una persona in assenza di suo esplicito consenso, con
l’eccezione dei casi di immagini ritraenti personaggi la cui effigie
sia' gia' nota al pubblico, e destinate al finalita' giornalistiche e di
informazione, ed i casi di avvenimenti pubblici o svoltisi in pubblico. Appurato dunque
che il diritto di privacy del cittadino in relazione alla pubblicazione
di immagini e' comunque difeso da questa norma di legge (633/41), la
detenzione, l’archiviazione e la disponibilita' in archivio di
immagini fotografiche non ricade in se' nei casi previsti dalla legge
675/96, non potendosi assimilare l’immagine fotografica ad un
"dato personale" del singolo. I singoli fotogrammi o le loro riproduzioni su qualsiasi supporto, infatti, sono semmai assimilabili a fonti di notizie giornalistiche – se la detenzione in archivio avviene con lo scopo di porre tali immagini a disposizione della stampa per i consueti usi di informazione – o al supporto della propria attivita' professionale, quando tali immagini rappresentino l’archivio professionale di un autore fotografo, ricadendo cosi' nei casi di esclusione previsti dall’art. 12, lettere e) ed f), della legge 675/96. IL FOTOGRAFO DEVE DICHIARARE GLI ARCHIVI DI DATI DEI SUOI CLIENTI? Il dubbio e' se
esista per il fotografo l’obbligo di notifica al Garante della
Privacy, ai sensi della legge 675/96. Ricordiamo che ai
sensi dell’articolo 7, comma 5-ter, lettera g) della legge sulla
Privacy, il "piccolo imprenditore" (definizione in cui rientra
anche il fotografo artigiano) e' esonerato dall’obbligo di
certificazione. Per "piccolo imprenditore" si intende la
definizione data dall’articolo 2098 del codice civile. Il che
significa che non sono considerati piccoli imprenditori le ditte anche
di minima dimensione di comparti industriali (ad esempio, un editore).
La fotografia appartiene comunque al comparto dell’artigianato, se
esercitata in forma di impresa (se libera professione, e' invece dovuta
l’iscrizione all’ufficio Iva ed all’Inps). Inoltre, ricordiamo che il trattamento dei dati necessari ai fini fiscali (fatturazione, ecc.) NON richiede l’assenso da parte degli interessati. |